Toni è immobile sulla soglia della porta di casa, mani sui fianchi, e lo sguardo fisso sui campi che la circondano. Alla destra della porta, dopo una delle grandi finestre, c’è una vecchia stalla dove un tempo dimoravano tre mucche e una cavalla.
Toni ha gli occhi lucidi e non per le vecchie abitudini quotidiane, quelle del “graspo” per intenderci. È uno di quei giorni in cui, nonostante la veneranda età, la memoria accende vecchi ricordi nei quali Toni si perde, e quando succede, lui passa intere giornate in silenzio zappando in giro per i campi ma senza avere uno scopo preciso.
All’improvviso prende un gran respiro, tira su le solite braghe da lavoro legate alla vita con lo spago dei salami, e infila i piedi nei vecchi zoccoli da stalla, tira su il grugno scrutando il cielo e parte. Con fatica Toni attraversa l’ampio cortile davanti casa, un tempo si riempiva di bambini che passavano interi pomeriggi a giocare, apre il cancello di ferro a due ante e comincia a camminare lungo la stradina di sassi.
Il ritmo dei passi trascinati sui sassi, ogni tanto si interrompe nelle tante buche createsi nel tempo a causa della pioggia. In tante occasioni, tramite il figlio, Toni aveva chiesto aiuto al comune del suo paese ma ogni volta la risposta era la stessa: “prossimamente aggiusteremo la strada”.
Va da sè oggi ha il suo da fare per rimettere insieme i pezzi della sua anima malconcia. Lui è un testimone di quel tempo in cui il fascismo sparse il suo odio tra le case e le strade del paese, nemmeno dal prete ci si poteva nascondere. Se non avevi la tessera non potevi far quello e nemmeno quell’altro e così l’odio si versava a male parole o a badilate sul groppone, a pistolate o peggio, verso chi la pensava diversamente. “Un pò come adeso” dice Toni. Non si capacita della rabbia, da bave alla bocca, che si manifesta e si percepisce lungo le strade, e si infastidisce molto quando deve citare il comunista Gramsci in una delle sue frasi celebri: “la storia insegna ma non ha scolari”.
La sua malinconia forse è legata soprattuto al figlio, uscito malandato da questi ultimi due anni. Il suo unico figlio, sposato e con una bambina di due anni, se ne sta segregato in casa mascherato da marzo 2020, disinfettando ogni cosa e tenendo la spesa in quarantena fuori nel pianerottolo del condominio. Spesa acquistata online e portata a casa da qualche glovo qualsiasi. Non l’ha mai detto al bar ma sembra che Toni in venti mesi, abbia visto il figlio e tutta la sua famiglia solo su “uazap” e per pochi minuti. Ha poi cercato di parlargli -su “uazap” -, come farebbe un padre con un figlio, cercando di spiegare a modo suo che tutto quel chiudersi l’avrebbe portato alla malattia. E aveva ragione.
Dopo due anni di strofinio di corrimano, ascensori, mobili e cruscotti, e di tutto quello che secondo il figlio poteva essere contaminato dal birus, ha perso completamente il lume della ragione. È arrivato addirittura a ricoprire lo zerbino davanti la porta di casa di scotch bi-adesivo, ad uso personale visto che non invita mai nessuno in casa.
Due giorni fa Toni è riuscito di nuovo a parlare con suo figlio, ha voglia di vedere la nipote e non su “uazap”, e si è sentito rispondere duramente che d’ora in avanti frequenterà solo persone punturate, e Toni non è nella lista.
Tutto quel pensare l’ha intorpidito e senza accorgersi Toni è arrivato alla fine della stradina di sassi. A braccia conserte e gambe larghe, scruta il cielo e non ha voglia di altro, se non rimanere in silenzio con i suoi campi. Lui sa che odio porta altro odio e ha solo la terza elementare.
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